Le erbe le donne la montagna

Nel vecchio mulino di Saviore dell’Adamello, gentilmente messo a disposizione dalla famiglia Rossi, e in un locale delle ex-scuole medie della frazione di Valle, reso disponibile dall’Amministrazione comunale, sono in funzione due mostre permanenti dedicate alle erbe officinali.

Sono il primo esito di un lavoro più che decennale della nostra associazione attivamente impegnata ad impedire la dispersione di un tesoro di conoscenze riguardanti il mondo vegetale ed i suoi usi tradizionali. Usiamo questa definizione, “tradizionale”, nel senso suo proprio. Tradizionale, infatti, è tutto ciò che è stato trasmesso, da tempo immemorabile, senza soluzione di continuità ed ha rappresentato (e rappresenta) il legame con l’origine. Stiamo parlando di un vero e proprio scrigno di saperi che ha permesso la sopravvivenza e lo sviluppo delle comunità che hanno popolato la Val Saviore dalla fine dell’era glaciale. Non sembri retorico o esagerato il nostro riferimento al Mesolitico ed ai primi cacciatori-raccoglitori entrati in Valcamonica più di diecimila anni fa; la loro conoscenza della natura era incomparabilmente più vasta e completa di quella dell’uomo contemporaneo, ed anche se è difficile “dimostrare” un così antico livello di continuità, certamente a quel tempo occorre risalire se si cerca il momento iniziale di un rapporto con il mondo vegetale che, ancora oggi si mostra in tutta la sua vitalità.

La nostra valle è un ramo laterale, sul versante orografico sinistro, della media Valcamonica e un numero sempre più grande di evidenze archeologiche, dal villaggio neolitico di Loa, alle statue-stele calcolitiche di Campolungo, fino al riparo sotto-roccia di Brata dell’Età del ferro, mostrano la sua contiguità con il più grande santuario preistorico delle Alpi, divenuto, nel 1979 il primo titolo, per l’Italia, della Lista dell’Eredità Culturale Mondiale dell’UNESCO.  E’ da meno di un secolo che una strada collega stabilmente i villaggi in quota con il fondovalle ed è immaginabile quali problemi occorreva essere in grado di risolvere se si voleva sopravvivere ai lunghi e freddi inverni. Basti pensare che solo centocinquant’anni fa terminava una fase climatica, definita “piccola glaciazione”, durata circa quattrocento anni, nella quale il ghiacciaio dell’Adamello occupava buona parte delle valli pensili, attestandosi a quote di poco superiori ai duemila metri.

Naturalmente l’autosufficienza non poteva riguardare solo gli aspetti della vita materiale; le esigenze formative dei giovani, la dimensione spirituale e religiosa, i misteri contenuti nei fenomeni naturali, si intrecciavano indissolubilmente, formando un equilibrio che oggi è quasi completamente perduto. Un solo esempio può bastare a farci capire quanto vaste dovevano essere le loro conoscenze del mondo naturale e quali le capacità dei montanari nel creare un rapporto armonico con  la montagna: la teoria, fantastica e quasi incredibile dei muretti a secco che costella i versanti fertili e solivi. L’abbandono definitivo di questi manufatti è recentissimo, non più di venti, trent’anni, ed è sotto i nostri occhi il degrado, le frane, la perdita del suolo ed i pericoli che stanno correndo le strade e le costruzioni.

Abbiamo sentito un docente di architettura dell’Università di Firenze dire che il suo obiettivo, alla conclusione dei corsi di laurea, sarebbe quello di riuscire a trasmettere ai suoi studenti la conoscenza dell’ambiente naturale di un contadino analfabeta del ‘500. In questo quadro d’insieme, il mondo delle erbe officinali, delle piante, delle radici, dei licheni e delle resine, ha una peculiarità che occorre cogliere: è, nello stesso tempo, alimentazione e cura. Si presenta, quindi, come il campo di azione più tipicamente femminile e ciò trova ampia conferma  anche nella nostra esperienza. Abbiamo imparato, da molto tempo, ad entrare in punta di piedi in certi discorsi: “Perchè volete sapere queste cose? Perchè dobbiamo dirvi queste, che sono cose da vecchie? E poi perchè dovremmo dirle a voi quando i nostri figli ed i nostri nipoti ci dicono che li abbiamo stufati con queste erbe, ci dicono che loro trovano più facile andare in farmacia, se hanno bisogno di qualcosa?” Abbiamo imparato anche a tenere il segreto quando non c’è di mezzo la semplice tisana di malva e di achillea, ma si passa ad un vero e proprio intervento terapeutico, come far maturare piaghe purulente con quelle che chiamano “Ruedele de l’òi”, curarsi le cistiti con l’uva ursina, la tosse e le difficoltà respiratorie con il lichene islandico; o come quando fanno applicazioni di una specie di olio nero ricavato dai fiori gialli del Tasso Barbasso sulle croste degli animali, sulla crosta lattea dei bambini o contro i tappi di cerume nelle orecchie, o combattono i dolori alle ossa con infusi di frassino e betulla. E ancora, quando preparano ai figli che vengono da lontano, hanno fatto un lungo viaggio e sono provati dai ritmi della vita e del lavoro, infusi per farli dormire anche ventiquattro ore. Potremmo continuare con questi esempi: c’è la piantaggine contro le punture degli insetti e le piccole piaghe, o ecchimosi, le foglie dei lamponi per lavaggi a fondo delle parti intime femminili, come c’è il semprevivo per l’estrazione di spine, schegge e pungiglioni. Insomma dalla tosse al mal di schiena, dalle cistiti alle infiammazioni delle ghiandole linfatiche; c’è perfino la resina dell’abete rosso da usare come gomma da masticare per la pulizia della bocca e dei denti! (Attenzione, però, perchè non è quella che esce dalle ferite della pianta; è quella che chiamano “sbrofule” ed è limpida come l’ambra).

Parlavamo del mondo delle erbe ed è proprio un mondo! Quando controlliamo sui libri o con gli esperti che gravitano attorno al corso di laurea di Edolo della Facoltà di Agraria di Milano, le cose che ci dicono e fanno le donne, abbiamo imparato da molto tempo a tenere nel debito conto le conoscenze e le pratiche secolari. Quando parliamo di scienza, sappiamo da che parte stare, abbiamo visto chi conosce il metodo scientifico e lo applica; e non da oggi! In alcune interviste registrate ci hanno parlato anche di alcuni uomini, morti ormai da molti anni, che all’epoca della transumanza verso la pianura, partivano con gerle piene di erbe e radici da vendere nella bassa. L’aspetto più affascinante e coinvolgente del rapporto delle donne con il mondo vegetale è che colgono la vitalità delle erbe, si lasciano affascinare dalla loro forza selvatica. Chi ha avuto il privilegio di andare con loro a raccoglierle ha potuto rendersi conto della familiarità e della confidenza che spontaneamente sanno creare con la natura; abbiamo visto donne di novant’anni parlare alle erbe con gli occhi e con le mani, provare la gioia intima e profonda di chi nelle piante riconosce il miracolo della vita che continua, che si rinnova e che ritorna.

Ci fanno capire che il miracolo della guarigione si esprime attraverso un rapporto e un’alchimìa sottile e che questo potere non parte da noi, ma da ogni erba e pianta; da loro occorre partire, a loro ci si deve affidare: “Le buone erbe fanno tutte bene e tutte curano tutti i mali” così ci hanno detto. Poi arriviamo noi a studiare il “Fitocomplesso” e la differenza della sua azione rispetto al farmaco e quella che sembrava una frase strana ed oscura si rivela perfettamente in linea con la ricerca più avanzata. Dalle nostre maestre di novant’anni abbiamo molte cose da imparare, ma quella più preziosa è quella che non ci dicono; possiamo solo vederla manifestarsi quando siamo sui prati e nei boschi con loro.

Frate Lorenzo: Il mattino dagli occhi di perla sorride alla cupa notte e screzia di bagliori le nuvole dell’oriente. Il chiazzato buio si ritrae barcollante come un ubriaco, dal sentiero del giorno e dalle infuocate ruote di Titano. Adesso, prima che il fiammeggiante sole asciughi la rugiada della notte, questo paniere deve essere riempito di radiche velenose e di fiori succosi. La terra che è culla della natura ne sia anche la tomba e così il suo sepolcro sia il ventre dal quale essa ha avuto vita. Noi, creature di diversa natura ma tutte sbocciate dallo stesso grembo, succhiamo il suo materno petto…Grandi e potenti sono le qualità delle piante, delle erbe, dei sassi e le loro qualità sono reali…Nei petali di questo fiore sono insieme un veleno e una medicina. Se lo odori, ti rallegri; se lo assaggi, tutto, anche il cuore, si spegne in te. Nell’uomo, come nelle erbe, vivono due opposti sovrani: la grazia di Dio e la volontà del bruto: il baco rode subito la pianta in cui predomina il peggiore dei due. William Shakespeare “Romeo e Giulietta” Newton (Trad. Paola Ojetti)

Le mostre permanenti di Saviore capoluogo e della frazione di Valle ci permettono, anche, di creare un collegamento pedonale che, soprattutto d’inverno e nelle stagioni intermedie, lungo un itinerario di un’ora e mezza circa, può consentire una visione d’insieme del territorio dell’alta Val Saviore. Passa attraverso l’abitato della frazione di Ponte, sul torrente Salarno e rappresenta un percorso ideale per scolaresche e gruppi organizzati.