Un Parco per l’Europa

Il Parco Europeo delle Alpi Centrali

Nell’aprile 1995 venivano consegnate al Presidente del Parlamento Europeo a Strasburgo 6711 firme di cittadini che chiedevano l’istituzione di un Parco europeo nelle Alpi Centrali che unisse quattro Parchi naturali tra loro confinanti (Adamello-Brenta, Adamello, Stelvio, Engadina in Svizzera) e che ponesse, idealmente e fisicamente al centro di questa grande area naturale protetta, lo straordinario patrimonio simbolico delle incisioni rupestri camune, riconosciute, fin dal 1979 (primo titolo per l’Italia) patrimonio dell’umanità, dall’UNESCO.

Il progetto era sostenuto dalle principali associazioni ambientaliste e del tempo libero operanti in Valcamonica e cercava di essere  un contributo all’idea maturata dal Parlamento Europeo in quegli anni, di iniziare il nuovo secolo, il 2000, con la creazione di 20 Parchi Europei. Nel gennaio 1995 una delegazione delle nostre associazioni incontrò a Bolzano il compianto Alexander Langer, allora deputato europeo dei Verdi e co-presidente del gruppo parlamentare. Fu entusiasta dell’idea e riuscì ad organizzare la cerimonia della consegna delle firme al Presidente Klaus Hentsch, in pochi mesi. Scrisse un breve articolo  sulla rivista ALP che terminava con quell'”uso creativo dell’Europa” che ci è rimasto nel cuore come uno dei più bei complimenti che abbiamo mai ricevuto. Era una buona idea, la nostra, ed era nata in Valcamonica (al momento dell’istituzione del Parco dell’Adamello un convegno ambientalista a Edolo si intitolava “Un Parco per l’Europa”). Anche la Comunità Montana invitò la commissaria europea all’ambiente Birregard in Valle ed incoraggiamenti ci vennero dalla CIPRA Italia ed Internazionale, come dai Direttori dei Parchi delle Orobie Valtellinesi e dell’Engadina. La stessa campagna di raccolta delle firme testimoniò un interesse molto ampio che superava i confini della valle, della regione e dell’Italia.

Nel decennio trascorso dai giorni di Strasburgo molte cose sono cambiate ed altre si sono chiarite, anche in Valcamonica. Il Parco dell’Adamello ha un Piano Territoriale di Coordinamento, le Riserve funzionano, il ritorno dei superpredatori (spontaneo o indotto) testimonia la salute e le potenzialità di ambienti che sono percepiti nel loro valore e nella loro bellezza da un numero sempre crescente di cittadini. Nonostante tutto, il versante orografico destro dell’Alta Valle è Parco Nazionale dello Stelvio e quello sinistro dell’Adamello e nonostante tutto, la media Valle contiene il più grande Santuario Alpino.

Innumerevoli sono stati gli attacchi condotti in questi anni al nostro territorio, ed alcuni esiti davvero gravi ed irrimediabili stanno come ferite aperte a testimoniare  come sia necessario, oggi, riprendere una buona idea: quella del Parco per l’Europa, del Parco Europeo delle Alpi Centrali. Le condizioni politiche e culturali per riavviare un processo che possa portare all’istituzione effettiva di un Parco Europeo non sono più quelle del ’95, la direttiva dei 20 Parchi non è stata applicata e non risulta, ad esempio, che le associazioni che nell’Italia centrale proponevano l’istituzione del Parco Europeo degli Appennini, abbiano dato seguito alla loro richiesta.

All’attenzione dei cittadini, del mondo della cultura e delle forze politiche proponiamo la visione di un grande parco nelle Alpi che si realizzi tenendo conto degli elementi peculiari della più importante catena montuosa d’Europa; il principale dei quali è rappresentato dall’intreccio permanente, fin dalle remote epoche della fase finale del Pleistocene, tra elementi della natura e presenza dell’uomo. I tre grandi santuari alpini (il Monte Bego nelle Alpi Marittime, la Valcamonica ed il Totes Gebirge in Austria), insieme agli altri innumerevoli luoghi sacri dell’antichità, avvicinano la catena alpina a quella himalayana.

Parco, quindi, come difesa, protezione e valorizzazione della biodiversità e delle culture, entrambe portatrici di valori inalienabili e patrimonio da trasmettere alle future generazioni. Basta citare alcuni esempi, gli usi secolari delle piante officinali, la sapienza contenuta nei muri di contenimento dei versanti, nella regimazione delle acque e nell’uso delle risorse, per renderci conto del valore scientifico e tecnologico di comportamenti realmente “tradizionali”. Su questo piano è realizzabile uno scambio equo tra città e montagna: anzi, è forse tempo che i montanari rivendichino ciò che è veramente loro e impediscano al pensiero unico metropolitano di addomesticare a suo uso e consumo ciò che non conosce e quindi non capisce.