Contro la rovina dei fiumi

I cardini sui quali si fonda la nostra ferma opposizione allo sfruttamento irrazionale e senza limiti logici della risorsa più importante e del maggior bene comune della Valcamonica: l’acqua, i suoi fiumi ed i suoi torrenti:

1°- le chiamano microcentrali e stanno invadendo a centinaia tutti i torrenti della nostra valle, producono, ognuna, poche centinaia di kilowatt e tutte insieme, su tutte le Alpi e gli Appennini, a migliaia, rappresentano sì e no, l’uno per cento del totale della produzione di energia elettrica nazionale. Sarebbe bastata una semplice razionalizzazione degli impianti tradizionali esistenti ed un controllo minimo degli sprechi, senza aggiunta di gas serra, per garantire la stessa quantità di energia.

2°- Le chiamano microcentrali, ma quando vengono costruite comportano la posa, ognuna, di centinaia di metri cubi di cemento armato, l’interruzione degli alvei, la modificazione permanente e definitiva della natura dei corsi d’acqua.

3°- Le chiamano microcentrali, ma una volta costruite vengono a stravolgere per sempre la bellezza e l’armonia del paesaggio, consumando suolo, intervenendo pesantemente con strade di accesso, spesso in luoghi di grande valore ambientale.

4°- Le chiamano microcentrali ma, ostruendo il flusso naturale dell’acqua, comportano un aumento esponenziale e tendenzialmente drammatico del rischio idro-geologico. L’accumularsi, a ridosso dell’opera di presa, di sabbia, ciotoli e massi non può non essere attentamente valutata come potenzialmente molto pericolosa anche a causa del cambiamento climatico in corso con i suoi effetti sulle precipitazioni sempre più intense, brevi e concentrate: le cosiddette “Bombe d’acqua”.

5°- Le chiamano microcentrali, ma rappresentano un macroprofitto per imprenditori che trovano più comodo sfruttare un bene comune, adottando tecnologie elementari, largamente mature e per nulla innovative.

6°- Le chiamano microcentrali, ma non sono solo cementificazione dei torrenti, cementano anche la relazione tra enti pubblici ed interessi privati, visto che i pubblici amministratori, nella stragrande maggioranza dei casi, si limitano ad essere gli acritici portatori presso la Provincia e gli enti chiamati alle decisioni, di interessi che nulla hanno di pubblico.

7°- Le chiamano microcentrali, ma hanno, in prospettiva, un impatto devastante sulla vita dei cittadini e delle comunità che le subiscono. Sottraendo per lunghi tratti l’acqua al torrente, regimandola esclusivamente in funzione del loro profitto economico, non solo alterano ed impediscono in molti casi la vita delle specie ittiche, ma derubano i cittadini di un loro diritto e perfino della memoria legata alla storia delle comunità.

8°- Le chiamano microcentrali, ma di microscopico c’è solo il DVM-Deflusso Minimo Vitale che di vitale ha poco o nulla visto che è necessaria, anzi indispensabile una continua azione di controllo e monitoraggio del nostro comitato e di cittadini di buona volontà, per impedire che anche quel misero 10 per cento di rilascio previsto dalla legge, venga rispettato.

9°- Le chiamano microcentrali, ma si inseriscono in una delle più grandi valli delle Alpi, la Valcamonica, che da più di un secolo dà il suo bene più prezioso agli interessi dell’industria nazionale e dell’agricoltura industriale, avendone ricevuto lavoro ed occupazione certo non paragonabili al bene sfruttato, occupazione e lavoro che, da alcuni decenni è in un calo vertiginoso ormai prossimo all’estinzione.

10°- Le chiamano microcentrali, ma sono il colpo finale di uno sfruttamento feroce che ha sottratto, non solo acqua, ma bellezza, meraviglia, armonia ad un paesaggio, quello dell’Adamello, che è stato, secondo le descrizioni dei pionieri dell’alpinismo uno dei più spettacolari di tutto l’arco alpino. Descrivevano le cascate dei versanti del Pian di Neve provandone stupore e sconfinata ammirazione. Sono finite, purtroppo, sacrificate sull’altare di un modello di sviluppo industriale che è all’origine di tutte le tragedie che attendono l’umanità nel prossimo futuro. Quanto stiamo pagando e pagheremo nel tempo tutto ciò in termini di mancato sviluppo di un turismo sostenibile, di crescita economica e civile delle nostre popolazioni?

11°- C’è un punto in tutta questa storia che più di ogni altro ha veramente dell’incredibile: il fatto che sono i cittadini camuni a pagare in bolletta, ogni due mesi, da anni e per chissà quanto tempo ancora, la rovina e lo sfruttamento del loro bene comune più prezioso: l’acqua.

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