Incontri con gli Apaches

Saviore dell’Adamello, 20 giugno 2004

Cari Apaches San Carlos,
“tutto è santo! Tutto è santo! Tutto è santo! Non c’è niente di naturale nella natura ragazzo mio! Tientilo bene in mente. Quando la natura ti sembrerà naturale, tutto sarà finito e comincerà qualcos’altro, addio cielo, addio mare…”. Dal film “Medea” di Pierpaolo Pasolini.

Erano i primi giorni di aprile del 1995 ed eravamo a Strasburgo, in Francia, nel palazzo del Parlamento Europeo a consegnare al Presidente Klaus Hentsch una petizione, sottoscritta  da 6711 cittadini, che chiedeva l’istituzione di un grande Parco Europeo nelle Alpi Centrali.
Tutte le principali associazioni ambientaliste e del tempo libero della Valle Camonica vi avevano contribuito, sviluppando una battaglia che due anni prima aveva impedito l’asfaltatura di una parte del versante meridionale dell’Adamello.

L’Adamello è il maggior corpo glaciale delle Alpi Italiane, con una superficie di oltre 17 km. e numerose vette che superano i tremila metri: tra queste l’Adamello (3554 m.) e la Presanella (3556 m.).
La Valcamonica è il primo titolo della World Heritage List dell’UNESCO per l’Italia, con circa 400mila incisioni rupestri classificate, lungo un arco temporale di ottomila anni, dal Mesolitico fino all’invasione romana dell’anno 16 A.C.
Nostro riferimento ed organizzatore dell’iniziativa era Alexander Langer, co-presidente del Gruppo Parlamentare Verde. Conclusa la breve cerimonia con il Presidente Hentsch, venivamo invitati a partecipare all’incontro della Commissione per i diritti dei popoli, con una delegazione di Apaches San Carlos guidata da Ola Cassadore Davis.

Il discorso di Ola ci colpì profondamente e quando fummo invitati a parlare, riuscimmo a pronunciare solo poche parole, ma che sentivamo salire dal cuore; chiedemmo agli Apaches di unirci in una lotta comune in difesa delle montagne. In quel momento, nulla conoscevamo delle Montagne Sacre e nemmeno immaginavamo cosa avrebbe comportato, per noi, nel tempo, il rapporto con la dimensione spirituale e le scienze tradizionali, nate dalla Grande Montagna Seduta (Monte Graham) e custodite, nel deserto di Sonora, dagli Apaches San Carlos. Nel mese di luglio del 1998 Ola Cassadore Davis e Michael Davis, accompagnati da Dwight Metzger di Tucson, erano in Italia per incontri con deputati al Parlamento; parteciparono, in Toscana, A Cecina, ad una manifestazione popolare, all’interno di una festa della gioventù europea anti-razzista. Anche qui il discorso di Ola procurò emozione ed entusiasmo; le sue parole sembravano provenire da un tempo ed uno spazio sconosciuti, ma suonavano, ugualmente, semplici, familiari e forti. Centinaia di persone la applaudirono a lungo. Passarono quasi una settimana a Saviore dell’Adamello prima di partire per Roma; avevamo programmato alcuni incontri con reduci della 54° Brigata Garibaldi, una formazione partigiana che aveva operato in Alta Valcamonica, negli anni della seconda guerra mondiale.
Fu molto commovente la visita al piccolo cimitero di Case di Viso dove sono sepolti cinque ragazzi uccisi dai nazi-fascisti nel 1944 e l’omaggio che Ola e Michael vollero tributare al loro ricordo.
Un evento memorabile di quei giorni è stata l’accoglienza alla delegazione Apache, organizzata dalla parrocchia di Saviore, l’intera comunità si riunì in chiesa, erano presenti le autorità civili di Saviore e di altri comuni vicini, un’orchestra di giovani musicisti olandesi, l’Adamello Ensemble, suonò.
Il parroco, padre Ambrogio, invitò Ola vicino all’altare e le chiese di parlare. Lei parlò a lungo, raccontò un po’ della sua vita e chiese, con rispetto, ma con forte determinazione, perché il Vaticano partecipasse alla profanazione del Monte Graham.

Alcune fotografie la ritraggono, mentre parla, sotto la statua della Madonna e la sensazione, quel giorno fu, per noi tutti, che la madre di Gesù non fosse presente solo attraverso la sua immagine e che il dolore del popolo Apache per la rovina della Montagna Sacra fosse anche il suo.
Due mesi prima dell’arrivo di Ola e Michael, scoprimmo l’incisione rupestre di un cacciatore-danzatore del primo millennio A.C. in un riparo sotto-roccia della valle di Brata, nei pressi del torrente Salarno. Si tratta di un luogo molto suggestivo, a volte intimo, a volte tenebroso, ricco di acque e di erbe officinali, si rivelerà, in seguito, molto importante per gli sviluppi del nostro rapporto con gli Apaches San Carlos.
Nel frattempo, all’interno dello stabilimento di Milano nel quale venivano costruite parti del telescopio destinato al Monte Graham, l’Ansaldo Energia, un gruppo di lavoratori e di tecnici dichiarava l’obiezione di coscienza, rifiutandosi di partecipare alla profanazione della Montagna Sacra.
Nella tradizione delle lotte operaie che, nel corso del secolo, avevano espresso partecipazione e solidarietà, entrava un tema legato ai diritti umani fondamentali: i diritti religiosi.
Ne parlarono molti giornali ed alcune reti televisive, naturalmente gli obiettori vennero rapidamente sostituiti, ma si riuscì a rompere il muro di silenzio che era stato eretto attorno alla vicenda.

Nel mese di settembre dell’anno successivo, il 1999, venne in Valcamonica Raleigh Thompson. Era stato invitato a Roma per una manifestazione dedicata alle culture dei Nativi nord-americani, all’interno della quale avrebbe dovuto parlare del Monte Graham.
Sulla macchina che lo trasportava dall’aeroporto a Saviore dell’Adamello, iniziò a cantare; alle nostra domande rispose che cantava perchè stava andando da persone che volevano cambiare con il sorriso.
I giorni passati con lui nel rifugio di Brata, sono indelebilmente impressi nella nostra memoria. E’ stato molto generoso con noi, le sue parole profonde, semplici e chiare, ci hanno permesso di penetrare un po’ nel modo di pensare Apache.
Quando andammo nel riparo sotto-roccia del torrente Salarno ci rendemmo conto che la sua visione di quell’antico santuario preistorico era molto più aderente alla realtà, rispetto a tutto quanto andavano elaborando archeologi ed antropologi.
“E’ vivo”, ci disse rispondendo alla nostra illustrazione delle tesi degli studiosi del Centro Camuno Studi Preistorici sull’età dei reperti e delle evidenze archeologiche.
Quell’ “E’ vivo” è rimasto nella nostra esperienza e nel nostro ricordo, come un contributo decisivo alla comprensione del significato autentico di quel luogo.
“Vedono un albero e vedono soldi, vedono un fiume e vedono soldi”, ci disse; francamente una sintesi così chiara della mentalità dominante nel nostro mondo, non ci è più capitato di sentirla.
Ci incoraggiò anche ad avere fiducia nella possibilità di riprendere un rapporto forte e profondo con quel luogo sacro che appariva, ad un esame attento, un luogo per l’iniziazione alla caccia.
“Dovete venire qui di notte, al buio ed aspettare l’alba; dovete pregare, cantare, fare musica ed arte, potrete riprendere così confidenza ed accrescere il rapporto con gli spiriti e le forze sottili che vi abitano e non dovete mai andarvene senza girare su voi stessi in senso orario; è una pratica semplice, ma indispensabile per chiudere la porta del cuore che avete aperto entrando.
Ad un certo punto di uno dei suoi numerosi discorsi, forse trasportato dall’entusiasmo, ci disse che eravamo “quasi Apache”: emozionati gli chiedemmo come si poteva fare per esserlo completamente, Apache. Ci rispose che era molto semplice: “Un Apache non è mai stato sorpreso nel letto dal Sole”, furono le sue parole; non ci restò che misurare la distanza abissale tra i nostri mondi, ma nello stesso momento, di nuovo, ci offriva la possibilità di avvicinarci e capire.

Alcuni soci, appena tornati dalla Sacred Run di quell’anno sul Monte Graham, avevano costruito l’intelaiatura della “Sweat Lodge” con otto rami di nocciolo. Chiedemmo a Raleigh se potevamo considerarla una vera sauna tradizionale: ci chiese se l’ingresso era orientato ad Est e se anche il braciere, destinato a contenere le pietre roventi, era orientato ad Est, alla nostra risposta affermativa disse che bastava coprire il telaio con un pezzo di plastica e farla.
Pochi istanti dopo, mentre scendevamo al Rifugio, col fare di chi poteva trovarsi lì solo per caso, ci disse: “Tutto quello che abbiamo regalato ai nostri amici bianchi, loro ce l’hanno rubato”.
Avremmo capito dopo quasi due anni il vero significato di quelle parole. Partì per Roma in treno e la sua conferenza iniziò dicendo: “Voi italiani siete fortunati ad avere una montagna meravigliosa come l’Adamello”.
Verso la fine del mese di aprile dell’anno 2000, tornava in Europa Wendsler Nosie; era stato invitato a tenere alcune conferenze dall’Università di Torino e da alcune associazioni svizzere. Passò qualche giorno anche in Valcamonica, nel rifugio della nostra associazione.
Il 14 agosto dell’anno prima, il 1999, avevamo organizzato la nostra prima “Corsa Sacra”, in concomitanza con la “Sacred Run” del Monte Graham, alla quale partecipavano alcuni “amici della natura” italiani.
Eravamo saliti, attraverso un lungo percorso, sulla vetta del monte Re di Castello, a quasi tremila metri di quota, sulla parte geologicamente più antica del massiccio dell’Adamello. Non sapevamo, precisamente, cosa fosse una “Corsa Sacra”; marciammo per più di dodici ore nella convinzione di poter esprimere anche così la nostra solidarietà con la lotta degli Apaches San Carlos.

La prima sera nel rifugio di Brata, terminata la cena, Wendsler ci consegnò il testimone della “Sacred Run”; un bastone biforcuto con una piuma d’aquila, la pietra blu degli uomini e quella bianca delle donne. Fu un’emozione fortissima per tutti.
ci disse che i due rami rappresentavano il sì ed il no e che il ramo del forse esisteva solo per gli uomini bianchi; che potevamo portarlo come testimone della “Corsa Sacra” sul Monte Re di Castello solo a condizione di trovare, ogni anno, una piuma d’aquila da aggiungere a quella dell’Arizona e che avremmo potuto fare quattro volte la “Corsa Sacra” su un ramo e quattro sull’altro.
Ci parlò della capacità della piuma di trasmettere la storia a condizione che non si interrompesse il legame spirituale con lei e che la si accarezzasse. Dopo averci parlato del Monte Graham e di alcune delle esperienze sue e della sua famiglia con la Montagna Sacra ci disse che dovevamo guardarci dall’egoismo e dall’avidità.
Il giorno dopo andammo al riparo sotto-roccia e dopo una breve ispezione anche Wendsler, come Raleigh, ci disse quell’”E’ vivo” che spostava completamente l’asse della ricerca e del rapporto con l’antico luogo di culto, riusciva in un istante a superare le distanze e le limitazioni dello spazio e del tempo e ci permetteva di fare concreta esperienza del modo di pensare autenticamente tradizionale.
Tradizionale, per noi, significa semplicemente ciò che è stato trasmesso senza soluzione di continuità e che riguarda le conoscenze e le scienze sacre: cioè, ciò che di più prezioso e vitale si è conservato nel cuore stesso del popolo Apache.

Tornati al rifugio preparammo una “sweat lodge” e per molti di noi, fu la prima vera esperienza di questa fondamentale “via di preghiera”. Entrammo separati per sessi e coperti, solo dopo aver fatto la circumambulazione destra attorno alla capanna e vivemmo un momento di grande coinvolgimento emotivo e fisico. Ci rendemmo conto, per la prima volta, del valore e della forza di una realtà spirituale carica di simboli vivi e operanti; provammo una forma di timore reverenziale verso quella pratica religiosa e decidemmo di rispettarla fino in fondo, o almeno fino a dove arrivavano le nostre capacità.
Questa decisione provocò una grossa discussione all’interno della nostra associazione; una cosa è esprimere una solidarietà politica alle vittime di una così grave violazione dei diritti umani fondamentali, altra cosa è condividerne le ragioni profonde, rendendo possibile uno scambio culturale e spirituale.
Una contraddizione tra queste due dimensioni è possibile solo all’interno di un modo di pensare che, come per noi europei, separa invece di unire e soprattutto, non è in grado di riconoscere il valore e la superiorità gerarchica della dimensione spirituale.
Ci tornarono alla mente le parole di Raleigh: ”Tutto quello che abbiamo regalato ai nostri amici bianchi, loro ce l’hanno rubato” e ci rendemmo conto dei pericoli contenuti in un approccio superficiale ad un mondo così profondo e vasto.
Wendsler, con i gesti e con le parole ci permetteva di proseguire in un cammino che si apriva davanti a noi come una nuova terra, nella quale tutto ciò che sapevamo si colorava di una luce nuova. “Si vedono i cervi qui?” Ci chiese un giorno. Uno di noi gli rispose che si vedevano, ma era solo un istante, scappavano subito. La sua risposta fu: “Il cervo ti vede, si ferma, ti dice tutto quello che ti deve dire e poi con calma se ne va”.
O come quando, tornato l’anno successivo, sempre verso la fine del mese di aprile ci disse che le nostre erano Montagne Sacre Femminili. Abbiamo imparato a tenere in grande considerazione le parole semplici e chiare che gli Apaches arrivati in Valcamonica ci hanno rivolto ed i numerosi esempi del loro valore, che hanno riguardato la vita stessa di alcuni di noi, di cui non possiamo parlare qui, resteranno impressi per sempre nelle nostre esperienze.
Dicevamo che Wendsler Nosie ritornò in Europa, sempre invitato dall’Università di Torino e da associazioni svizzere anche nel 2001, passò ancora alcune giornate in Valcamonica; l’idea era di farlo incontrare con gli studiosi e gli archeologi del Centro Camuno Studi Preistorici ai quali interessava ed interessa molto un confronto con gli Apaches.
Non fu possibile vedersi per ragioni apparentemente banali, in realtà abbiamo visto a confronto la scienza profana, quella che classifica e dà ordine cronologico ai reperti e la scienza sacra, quella proveniente da un’esperienza millenaria. Si rendono conto, gli archeologi, di quali conseguenze ha riportare alla luce gli antichi santuari senza volerne riconoscere la forza operante?
Cari Apaches San Carlos: la profanazione di DZIL NCHAA SI AN è solo un episodio della violenza e della discriminazione che subìte da secoli, i vostri diritti fondamentali sono stati sistematicamente violati e la vostra resistenza suscita in noi sentimenti di ammirazione, solidarietà ed affetto.

Il nostro rammarico è di non essere riusciti ad impedire il coinvolgimento dell’Italia e della Germania nel progetto dei telescopi e di non avere avuto la forza sufficiente a denunciare il vergognoso comportamento del Vaticano. Il terreno della politica si è rivelato infido e quello che siamo costretti a constatare ogni giorno è il tentativo di sminuire e ridurre la portata dell’ingiustizia che state subendo. Nel 1995, pochi mesi dopo averci fatto incontrare gli Apaches San Carlos, Alexander Langer si toglieva la vita.
Era un uomo giusto e coraggioso, non era un politico come tanti, lottava con tutto il suo cuore contro la pulizia etnica e le stragi che in quegli anni si consumavano nella ex-Jugoslavia e quando gli parve che l’ignoranza e l’odio stessero per prevalere, preferì morire. Noi consideriamo l’impegno in difesa del Monte Graham come la fedeltà ad un’eredità che ci è stata affidata, in questi anni abbiamo portato la questione in tutte le sedi possibili, dalle università di Verona e di Padova in Italia, all’università di Karlsruhe in Germania, a molte scuole elementari e medie, a tutti i gruppi e le persone che frequentano la Casa-Rifugio di Saviore dell’Adamello e che provengono da tutta l’Europa.
La Grande Montagna Seduta è presente nell’attività quotidiana della nostra associazione perchè riguarda ormai tutta la prospettiva del nostro lavoro.
La Valcamonica, dicevamo all’inizio di questa ricostruzione cronologica, è stata per ottomila anni, almeno, il maggior Santuario delle Alpi, le conoscenze tradizionali del vostro popolo possono aiutare a capire ciò che nessuna ricerca archeologica potrà mai scoprire.
E non c’è distanza dello spazio e del tempo che possa impedire o limitare la conoscenza.
Abbiamo chiesto agli “Amici della Natura” del Nepal di produrre una riflessione sulle Montagne Sacre dell’Asia, riteniamo possibile, in prospettiva, unire gli sforzi per proporre all’umanità un impegno in difesa dei suoi luoghi sacri e siamo consapevoli che questo impegno può nascere solo dalla conoscenza.

Il Professor Emanuel Anati, Direttore del Centro Camuno Studi Preistorici, è membro della Commissione Centrale dell’UNESCO di Parigi, quella che decide i Titoli da inserire nella “World Heritage List”, ci ha confermato che il Monte Graham ha le caratteristiche per poter essere inserito nella lista stessa, soprattutto da quando ne è stata dichiarata l’eleggibilità nel Registro dei luoghi storici degli USA, da parte del “Forest Service” dell’Arizona e dall’”United States Departement of the Interior”.
Questa dichiarazione di eleggibilità ci pare di fondamentale importanza per molti motivi, il principale dei quali è che riconosce la sacralità del Monte Graham.

Da qui, da questo punto fermo, è sempre possibile ripartire e ciò vale a maggior ragione per il fatto che il Monte Graham non è l’unica Montagna Sacra in pericolo negli USA e nel mondo, ma è la montagna che vede coalizzati contro la sua integrità, università, governi, istituzioni scientifiche e perfino lo stato Vaticano.
E’ il simbolo vivente di tutte le più importanti contraddizioni che agitano in profondità il mondo moderno, per questo sosteniamo e siamo decisi a sostenere per il futuro la vostra lotta con tutti i mezzi a nostra disposizione.

Italo Bigioli presidente della sezione di Saviore dellAdamello degli “Amici della Natura”